Teleassemblee: gli amministratori di condominio restano figli di un Dio minore
Il Ministero della Giustizia rimanda al mittente la richiesta di misure di sostegno per le teleassemblee.
Il codice Ateco degli amministratori? Nessuna risposta.
Le attività essenziali consentite agli amministratori? Leggete le Faq.
Le assemblee convocate in smart working dagli amministratori? La materia esula dalle competenze ministeriali.
Effetti prodotti dalla pandemia, si dirà.
E invece no. Il Codiv-19, semmai, ha messo sotto i riflettori una sfilza di “dimenticanze” che denunciano l’incapacità del legislatore di normare l’attività delle amministrazioni condominiali, e che a livello centrale – nonostante l’indiscutibile rilevanza del Pil di riferimento del settore – lasciano tuttora sopravvivere la vecchia e patetica figura del ragionier Fantozzi.
Altro che innovazione tecnologica, video-collegamenti e operatività da remoto.
L’ultima “chicca” giunge dal Ministero della Giustizia (si veda allegato) in risposta alla richiesta di misure di sostegno per le teleassemblee, formulata agli uffici di via Arenula dall’Associazione Valore Aggiunto: “con riguardo alla vicenda in oggetto e alla possibilità di innovare la disciplina delle assemblee condominiali – spiega il Ministero – la nota di codesta associazione è stata trasmessa all’ufficio legislativo per le valutazioni di competenza”.
Nel frattempo scadono i termini per l’approvazione dei bilanci consuntivi, non si potrà sostenere il famoso esame “fisico” che conclude l’aggiornamento professionale e fioccano le multe per gli amministratori che vanno in banca a pagare i debiti condominiali.
La colpa è del coronavirus? Si, forse, anche.
Fatto sta che in mancanza di chiare e precise disposizioni dello Stato, lo smart working “consigliato” agli amministratori di condominio è solo un’illusione, visto che “in questo contesto ordinamentale – scrive il Ministero della Giustizia – non è opportuno fornire una disamina ermeneutica sulla disciplina positiva delle assemblee di condominio, con particolare riferimento all’utilizzabilità per le stesse di strumenti di collegamento a distanza”.
Ma possibile che le continue richieste e sollecitazioni rivolte al Governo dalle sempre più pressanti associazioni di categoria non siano ancora riuscite a produrre risposte chiare, comprensibili, e soprattutto in grado di offrire all’impressionante numero di addetti del settore una sia pur minima e provvisoria indicazione del modus operandi da attuare nell’immediato?
Certo è che nel prendere atto di quanto affermato dagli uffici romani della Giustizia, ai quali “preme, tuttavia, rappresentare in via preliminare che il Ministero della giustizia non esercita alcuna vigilanza sugli amministratori di condominio, i quali non costituiscono un Ordine professionale, né sono iscritti in albi o registri”, è innegabile che a qualcuno venga spontaneo domandarsi quale peso effettivo abbiano i professionisti del ramo.
E se, come è scritto, “un’eventuale interpretazione di questo Ministero, oltre che non rivestire alcun carattere vincolante o di interpretazione autentica, rischierebbe di sovrapporsi con l’accertamento eventualmente condotto in sede giurisdizionale nel caso di impugnazione delle assemblee condominiali”, qualcuno dovrà pure prendere posizione e spiegare agli amministratori di condominio come comportarsi e cosa fare.
Abbiamo già detto, in apertura, della mancanza del codice Ateco nel Dpcm dello scorso 22 marzo, dell’invito a comprendere in quali termini è possibile lavorare leggendo le Faq, e dei pubblici proclami sulla nuova era dello smart working professionale.
Manca evidentemente qualcosa. Fra l’ordinistico e il non ordinistico, fra il normato e il normabile, fra l’auspicato e l’auspicabile, emergono sempre e comunque – e ancor più al tempo dell’emergenza – i “buchi neri” della rattoppata condizione “professionale” del popolo degli amministratori di condominio.
Con la particolare aggravante che ancor oggi, nel disciplinare a destra e a manca ruoli e competenze di chi deve fare cosa in tempo di pandemia, persiste una ingiustificata sordità governativa capace di sottolineare per l’ennesima volta un assunto che non ammette alcuna replica: gli amministratori di condominio, per legge, sono figli di un Dio minore
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