Obbligo di sanificazione periodica per i condomini e riconoscimento codice Ateco degli amministratori. Analisi delle prime novità
Modifiche delle disposizioni di attuazione al c.c. in materia condominiale (parte prima).
Nella seduta parlamentare del 23 aprile u.s., è stato presentato un importantissimo ordine del giorno che, raccogliendo le istanze avanzate da molte associazioni di categoria e da molti giuristi studiosi ed esperti della materia condominiale, attraverso l’introduzione dell’art. 72 quinques –dopo l’art. 71 quater- delle disp. att. al c.c. sembra finalmente rappresentare un primo concreto segno di attenzione e di sostegno per una categoria, quella degli amministratori di condominio, fino ad ora ignorata dalle varie decretazioni d’urgenza succedutesi tempo per tempo, nonostante le difficoltà imposte dalle misure di contrasto alla diffusione della pandemia.
Recitano testualmente i primi due punti del citato art. 72 quinques:
1.Per prevenire la diffusione del COVID-19 a tutela dei condomini e di chi lavora all’interno del condominio, è fatto obbligo all’amministratore in carica alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, di effettuare ogni due settimane fino a cessata emergenza, la sanificazione delle parti comuni e di lavoro del condominio con prodotti specifici.
2.L’attività di amministratore immobiliare e condominiale, codice ATECO 68.32.00, può svolgersi nel rispetto di tutte le misure di sicurezza previste per la prevenzione della diffusione del COVID-19. La protezione civile e le Autorità competenti sono tenute ad informare l’amministratore di eventuali casi di positività al COVID-19 all’interno del condominio o all’obbligo di quarantena. In tal caso la sanificazione di cui al comma precedente deve essere effettuata settimanalmente.
Le enormi ripercussioni positive sull’attività degli amministratori -in caso di approvazione all’esito della discussione parlamentare- di tali disposizioni sono di tutta evidenza.
Prima di tutto, si porrebbe definitivamente fine alla più che dibattuta questione relativa alla obbligatorietà o meno dell’attività di sanificazione da parte dell’amministratore condominiale, posto che, alla luce del dato testuale della norma, fino alla fine dello stato di emergenza (fissato dal governo al 31 luglio 2020) il gestore della cosa comune dovrebbe, senza se e senza ma, fare effettuare con cadenza bisettimanale la sanificazione delle parti comuni e dei luoghi di lavoro condominiali (citofoni, pulsantiere, corrimani, ascensori, gettoniere, cassette postali, androni, guardiole etc. etc.) maggiormente esposti al contatto, al passaggio ed all’uso di un numero indeterminato di persone.
E dovrebbe a tanto provvedere espressamente attraverso l’utilizzo di prodotti specifici certificati e, dunque, forniti da ditte specializzate nel settore.
Finalmente chiarezza.
La stessa che conseguirebbe all’eventuale approvazione del secondo punto dell’art. 72 quinques, laddove, come più volte richiesto a gran voce dagli stessi, finalmente si riconoscerebbe al codice Ateco degli amministratori –identificato con inequivocabile chiarezza- la possibilità di operare nel rispetto delle norme generali di contrasto al COVID-19, oltretutto conferendo –finalmente, oseremmo dire- autonoma dignità e rilevanza professionale all’attività della categoria intera.
Gli amministratori condominiali professionisti, caratterizzati dal codice Ateco 68.32.00, sarebbero autorizzati espressamente ad operare in piena autonomia, con l’unico limite, peraltro già sussistente per altre categorie professionali, di osservare le norme di prevenzione e contenimento della diffusione della pandemia.
Ma ci sarebbe di più, posto che, ove venisse approvata integralmente la norma in questione, le competenti autorità sanitarie e la protezione civile dovrebbero riferire all’amministratore eventuali casi di positività da COVID-19 all’interno del condominio o obblighi di quarantena; conseguenzialmente, la sanificazione di cui s’è detto prima dovrebbe essere effettuata con cadenza settimanale.
Per concludere, due ulteriori enormi vantaggi:
1) gli amministratori verrebbero sollevati da problemi etici e di coscienza, posto che questi ultimi non dovrebbero più tormentarsi nel dubbio di denunciare o meno casi di contagio, veri o presunti;
2) in quanto destinatari di comunicazioni ufficiali da parte delle autorità in ordine a casi di contagio da COVID-19, non potrebbero per ciò stesso violare privacy e riservatezza di alcuno.
Naturalmente gli sviluppi concreti del dibattito parlamentare non sono preventivabili, ma certamente questa proposta lascia ben sperare per il prosieguo.
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