Mediazioni in condominio. Cronaca di una situazione paradossale
Tutte le mediazioni pendenti che coinvolgono un Condominio sono, di fatto, paralizzate.
L’art. 36 del D.L. n. 23/20 (“Decreto Liquidità), ha ulteriormente prorogato la sospensione dei termini processuali, portando il precedente riavvio del 15 aprile (introdotto con l’art. 18 del “Cura Italia”) alla data dell’11 maggio 2020.
Salve poche eccezioni, e che non è qui il caso di ricordare, inoltre, restano coinvolti nella suddetta proroga la stragrande maggioranza dei contenziosi, ivi compresi quelli stragiudiziali attivati con la procedura di mediazione civile (D.Lgs. n. 28/2010 e s.m.i.).
Come è stato bene osservato da altri Colleghi, infatti, la sospensione dei termini anche nell’ambito di tale procedimento, che di per se non sarebbe espressamente menzionato dal distratto legislatore, appare una conclusione inevitabile.
Questo, se non altro, nelle ipotesi in cui la sua previa attivazione, rispetto alla fase giudiziale, è prevista come obbligatoria (la condizione di procedibilità di cui all’art. 5, 1bis°).
Ciò detto, all’indomani del divieto assoluto di assembramento pronunciato dai DPMC, emanati in rapida sequenza, 8 e 9 marzo 2020, divieto ribadito da ultimo dall’art. 1, 1°, d) DPCM 10 aprile 2020, in vigore sino al 3 maggio compreso, gli addetti ai lavori e le associazioni di categoria hanno subito chiarito agli amministratori, in maniera corretta, di non poter convocare alcuna riunione condominiale.
Benissimo. E allora, che si fa?
Il Condominio, privato improvvisamente della propria libertà di riunirsi e, quindi, della propria volontà di autodeterminarsi, secondo non pochi Colleghi potrebbe, in questa fase di emergenza, attingere al “pozzo di Giacobbe” del diritto societario per lanciarsi verso i nuovi orizzonti delle assemblee telematiche.
Senonché, nonostante, anche a parere del sottoscritto, non manchino i sicuri appigli giuridici e pratici affinché il pianeta condominiale possa avere, un giorno, le proprie riunioni in videoconferenza, allo stato attuale l’amministratore che decidesse di procedere così vedrebbe quasi sicuramente impugnata la “sua” delibera.
Pertanto, fino a quando, speriamo il prima possibile, il legislatore non si accorgerà che esiste anche un mondo condominiale paralizzato dal Coronavirus e che si avvia già allo stato di cancrena, il “caldo consiglio” è quello di attendere la fine di questo triste periodo.
Detta così, sembrerebbe facile.
Ma quando avverrà tutto questo? In realtà, nessuno lo sa e per adesso gli unici punti sicuri sono che:
– lo stato di emergenza nazionale è proclamato sino al 31 luglio 2020 (ex art. 1 DPCM 31 gennaio 2020);
– i termini processuali sono sospesi sino all’11 maggio 2020 (ex art. 36 D.L. n. 23/20);
– il divieto di assembramento è ribadito sino al 3 maggio 2020 (ex art. 1 DPCM 10 aprile 2020).
Quello che più preoccupa, a mio parere, è l’incertezza di tale ultimo temine.
Difficilmente, infatti, è immaginabile che si possa tornare ad assembrarsi in sicurezza sanitaria a breve. Facilmente, non prima del noto 31 luglio 2020.
Anche ammettendo che sia teoricamente possibile il famoso rispetto delle regole di distanziamento sociale, che imporrebbero una “zona franca”, per ciascun condomino e considerando anche l’ingombro della seduta, di circa 3,5 mq (e quindi, prendendo una stanza di 100 mq, potrebbero riunirsi circa 30 condomini), che tutti indossino le mascherine, ecc, ecc., sembra davvero inverosimile che, nella concretezza delle consuete dinamiche assembleari, non si rischi a più riprese di entrare in contatto ravvicinato.
Si pensi, banalmente, alle operazioni preliminari di verifica delle deleghe, di sottoscrizione del foglio presenze, e via dicendo. Più che inverosimile, quindi: direi una vera chimera.
Ma veniamo alla procedura di mediazione civile.
In merito, gli Organismi di Mediazione e i Colleghi mediatori si sono subito vantati, anche a ragione, di poter dribblare la paralisi degli uffici giudiziari, mettendo a disposizione delle proprie parti i potenti mezzi telematici.
Ci possiamo riunire in videoconferenza, è stato detto, e nulla c’è lo vieta se le parti acconsentono. Vero e ottimo. Peccato che, ai sensi dell’art. 71 quater disp.att.c.c., i passaggi fondamentali che scandiscono la mediazione civile (la decisione di parteciparvi, l’accettazione o meno di una proposta di positiva conciliazione), devono essere prima deliberati dal Condominio riunito in assemblea, con la maggioranza di cui all’art. 1136, 2°, c.c..
Per quanto osservato fin’ora, dunque, tutte le mediazioni civili pendenti che coinvolgono, da una parte, un Condominio, sono di fatto paralizzate.
Tale empasse, a mio parere, è piuttosto grave e rappresenta una criticità non indifferente.
Cosa succederà, infatti, quando cesserà la sospensione dei termini processuali, ma ancora non si potrà tornare a riunirsi?
Ricordo che la mediazione civile deve per legge concludersi entro 3 mesi dalla sua attivazione (ex art. 6), trascorsi i quali senza che si sia raggiunto ancora un accordo, ogni parte è in teoria libera di abbandonare la procedura e di attivare subito il giudizio.
Mettiamo che il Condomino sia parte chiamata in mediazione da un terzo.
Costui sarà disposto ad attendere, a tempo indeterminato, che il Condominio possa riunirsi per discutere e deliberare un eventuale accordo di positiva conciliazione? Dubito fortemente.
Quindi, avremo il paradossale risultato che il Condominio si troverà al successivo passaggio di essere citato in giudizio, senza avere avuto la concreta possibilità di poterlo evitare, con un danno evidente.
Chi rimborserà tale danno?
In che modo il giudice terrà in conto (se lo farà) tale situazione nella sentenza che andrà a definire il contenzioso?
Questi sono solo alcuni spunti di riflessione per invitare il legislatore, ancora una volta, ad accogliere le plurime istanze del mondo condominiale affinché disciplini quanto prima la possibilità di riunirsi in videoconferenza.
Questa continua indifferenza delle istituzioni verso quello che rappresenta un tessuto economico-sociale del Paese Italia importantissimo, infatti, non è più accettabile.
A chi di dovere il prossimo passo.
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