L’assemblea condominiale in videoconferenza? Una nuova proposta all’orizzonte
Necessaria l’integrazione del registro dell’anagrafe condominiale con gli indirizzi di posta elettronica
Videoconferenza? Si grazie, ma andiamoci piano.
Così sembra aver affermato il Governo italiano attraverso la “gentile concessione” di procedere “da remoto” rivolta solo e soltanto alle società di capitali, uniche direttamente interessate alla questione e “normate” dall’ormai noto decreto “Cura Italia” approvato lo scorso sedici marzo dal Consiglio dei Ministri e pubblicato il giorno successivo sul numero 70 della Gazzetta Ufficiale.
Un bel passo avanti nella possibilità di utilizzare a dovere la tecnologia in tempi di crisi, non c’è che dire.
Ma la costante emergenza legata al temibile Covid-19 che ha rimesso in discussione interi settori lavorativi, che ha causato appelli interminabili sul “restate a casa”, che ha determinato l’immediata e positiva “reazione” di tante aziende nell’organizzare in tempi brevi lo smart working forzato, come e quanto sta pesando sul comparto delle gestioni immobiliari in termini di paralisi amministrativa e di disservizi all’utenza ?
Quale e quanta attenzione è stata finora rivolta agli amministratori condominiali, giunti ormai a ridosso dell’approvazione di bilanci consuntivi di esercizio da distribuire a quaranta milioni di famiglie italiane senza avere contezza di come e quando tutto questo lavoro potrà essere evaso con la stessa precisione, la stessa serenità e le stesse garanzie che si sono offerte per decreto alle sole società di capitali ?
Perdurando lo stato di impossibilità a presenziare fisicamente alle riunioni condominiali per la costante emergenza determinata dalla pandemia, come non riprendere, sostenere ed insistere sulla più che condivisibile interpellanza inoltrata da Confassociazioni – per il tramite del suo Vice Presidente Prof. Franco Pagani – al Ministro Bonafede, contenente la richiesta di estendere in via analogica e residuale le videoconferenze anche alla materia condominiale ?
Convocare telematicamente i proprietari e consentire lo svolgimento da remoto delle assemblee condominiali sembra essere infatti l’unica possibilità concreta di uscire dallo stallo in cui versa attualmente l’intera categoria degli amministratori di condominio, costretti loro malgrado a fare i conti con l’assoluta mancanza di una puntuale normazione della materia e a rimanere perennemente in attesa di provvedimenti che pure vengono continuamente sollecitati dalle numerose associazioni di categoria.
Qui su Libricondominio, nei giorni scorsi, avevamo già prospettato l’opportunità di consentire la convocazione dei condòmini a mezzo e-mail ordinaria quale necessario presupposto per le auspicabili assemblee in videoconferenza, in deroga al disposto dell’art. 66 delle disp. att. al codice civile.
Una possibilità, questa, che dovrebbe però necessariamente prevedere – come pure prospettato da Pagani di Confassociazioni – l’implementazione del Registro dell’Anagrafe Condominiale, da integrarsi semplicemente con l’inserimento dell’indirizzo di posta elettronica ordinaria dei condòmini unitamente al loro consenso espresso a ricevere – al medesimo indirizzo – le convocazioni assembleari diramate dall’amministratore, facendo ovviamente salva la necessaria “contezza” di quest’ultimo sull’avvenuta ricezione dell’avviso attraverso una semplice risposta di avvenuta lettura e presa di conoscenza.
Del resto, gli strumenti per indurre i singoli ad indicare la propria email ordinaria sono, in embrione, già presenti nell’articolo 1130 n. 6 del codice civile, posto che – decorsi trenta giorni dalla raccomandata formale contenente la richiesta – e nel silenzio del condòmino – l’amministratore può senza dubbio attivarsi per acquisire direttamente le informazioni necessarie al completamento del registro anagrafe, addebitandone i costi al responsabile.
E’ evidente che questo percorso – una volta avviato – andrebbe poi completato con l’istituzione di un protocollo scientifico finalizzato alla uniforme gestione delle assemblee “da remoto”: ma questo è un ragionamento tutto da sviluppare che lasciamo volentieri ai tecnici del settore, stante la ormai improcrastinabile corsa verso un modello di operatività “smart working” destinato ad attestarsi in sintonia con l’evoluzione dei tempi, indipendentemente dall’attuale emergenza sanitaria.
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