Condominio letale. Assemblea e contagio per Coronavirus: quando scatta il reato di epidemia?
Nel corso degli articoli precedenti abbiamo affrontato in modo specifico la questione legata ai contenuti del DPCM del 4 marzo e del 8 marzo 2020 e, in particolare, al divieto di organizzare manifestazioni, eventi aggregativi o di natura congressuale, tra i quali, prevedendo la riunione di più persone, la convocazione della assemblea condominiale.
Ricordiamo in primis che i provvedimenti in questione sono stati emessi con lo scopo di contenere il contagio da Coronavirus, tutelando, così, la salute pubblica e l’ordine pubblico (beni altamente compromessi in questo momento storico dal virus).
Abbiamo potuto vedere come un mancato rispetto dei provvedimenti in questione comportino una integrazione del reato di cui all’art. 650 c.p., ossia il reato della “inosservanza dei provvedimenti della Autorità”, reato contravvenzionale punito con l’arresto fino a tre mesi o l’ammenda di 206 euro.
Ma cosa succede se l’amministratore di condominio convoca ugualmente l’assemblea e in quella circostanza qualcuno dei presenti viene contagiato? E se ne deriva la morte? Chi è il responsabile? Quali sono i reati integrati?
Il nostro codice penale prevede il reato della epidemia, distinguendo l’epidemia dolosa (art. 438 c.p.) dall’epidemia colposa (art. 452 c.p.).
Commette il reato di epidemia colposa chiunque, consapevole di aver contratto un virus, circoli liberamente, provocando, così, una diffusione, a causa di una condotta negligente o imprudente.
L’epidemia dolosa invece consiste in un reato di danno. In particolare, danno alla salute pubblica.
Difatti l’evento finale si cristallizza in un danno e non in un pericolo.
Il delitto di epidemia è, dunque, un reato di evento a forma vincolata, in quanto il soggetto deve cagionare l’evento dell’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni.
Ma cosa si intende per “epidemia”? Con il termine “epidemia” si intende una malattia infettiva suscettibile di colpire contemporaneamente un gran numero di persone e diffondersi ulteriormente a causa di contagio Epidemia, quindi, non è qualunque malattia infettiva e contagiosa, ma soltanto quella suscettibile di diffondersi nella popolazione per la facile propagazione dei suoi germi, in modo da colpire in un unico contesto temporale un elevato numero di persone.
Circa l’elemento psicologico, la norma richiede il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di diffondere germi patogeni, oltre alla rappresentazione e volontà del contagio di un certo numero di persone.
Ciò premesso, chiariamo immediatamente che l’amministratore di condominio che, nonostante il divieto imposto, convochi l’assemblea di condominio, integra in primis il reato di cui all’art. 650 c.p. in quanto non rispettava il DPCM del 4 e 8 marzo 2020.
Dunque, se uno dei condomini (o l’amministratore stesso) a seguito della riunione in questione contagia gli altri presenti, che reati si configurano?
Alla luce della normativa penalistica di riferimento analizzata poc’anzi, il soggetto propagatore del virus sarà responsabile del reato di epidemia.
Tuttavia, la tipologia di epidemia dipende chiaramente dall’elemento volitivo.
Dunque, come visto, se l’autore del reato era consapevole di aver contratto il Coronavirus e ciò nonostante si è presentato in assemblea, diffondendo, così, il virus per condotta negligente o imprudente, violando le misure precauzionali imposte dal DPCM 8 marzo 2020, risponderà di epidemia colposa.
Se invece l’autore ha contagiato volontariamente i presenti con il Coronavirus si integra il reato dell’epidemia dolosa ex art. 438 c.p. Se chi, contagiando volontariamente con il virus, provoca una lesione a qualcuno da cui deriva una malattia fisica o mentale, si applica la reclusione da 6 mesi a tre anni se la malattia non dura più di 20 giorni.
Se la malattia conseguente mette in pericolo la vita della persona o se provoca un’incapacità a lavorare per più di 40 giorni la reclusione prevista è dai 3 ai 7 anni.
Nell’ipotesi più grave in cui la lesione dovesse provocare la perdita di un organo è prevista una reclusione fino a 12 anni. Il soggetto agente sarà, così, indagato per l’integrazione del reato delle lesioni personali.
Tuttavia, il caso più estremo è quello in cui, a seguito di contagio in assemblea, il contagio di una persona ne provochi la morte. In tal caso, il soggetto agente dovrà rispondere per il reato di omicidio doloso ex art. 575 c.p. È il caso di chi sa di essere contagiato da Coronavirus e, pur dovendo stare in quarantena, esce di casa o dal luogo di isolamento forzato.
Gravi sono, dunque, le conseguenze qualora l’amministratore di condominio volesse fare il capoccione (!), convocare l’assemblea (nonostante i divieti imposti dai provvedimenti) e, in questa circostanza, si verificasse un contagio.
Un vero bagno di sangue! Una versione rivisitata de “La notte dei morti viventi”, pellicola di altri tempi in cui un gruppo di persone riunite in un immobile si trovava a fronteggiare un virus che riportava in vita i morti!
Difatti, si verificherebbe l’alta probabilità che il virus si trasmetterebbe non solo ad un altro membro dell’assemblea, ma a tutti coloro che in quella situazione sono venuti a contatto con lo stesso, aumentando la possibilità di diffondere anche al di fuori del condominio, con una potenza di espansione difficilmente prevedibile.
Anche lo stesso amministratore di condominio non sarebbe indenne dal contagio, seppur la sua resistenza è comprovata da anni di maledizioni ricevute dai condomini. Pertanto, proprio al fine di evitare l’integrazione dei reati in questione e, allo stesso tempo, non contribuire allo scenario post apocalittico di cui abbiamo preso parte, si consiglia agli amministratori di condominio di non convocare assemblee fino alla data prevista da un futuro provvedimento dell’Autorità.
Per quanto riguarda i condomini, il suggerimento è restare a casa (possibilmente ciascuno nella propria!), evitare lo sguardo delle consorti (anche fingendosi morti per il contagio!) e attendere che cessi l’allarme virus (e che riprenda l’allarme Equitalia).
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