Banda larga e condominio: ancora portoni chiusi?
Alcuni amministratori di condominio, stretti dalle proteste dei proprietari, rifiutano l’installazione della fibra.
“Stiamo creando una nuova strada che accompagnerà gli italiani, dai piccoli borghi alle grandi aree metropolitane, verso servizi digitali innovativi, garantendo a tutti il pieno accesso alle opportunità offerte da un mondo sempre più interconnesso”. Questo si legge sul sito internet di Oper Fiber, società per azioni fondata poco più di quattro anni fa dall’Enel e dalla Cassa Depositi e Prestiti con l’obiettivo di realizzare, gestire e mantenere una rete nazionale di infrastrutture per banda ultra larga, rendendola disponibile alle diverse società di telecomunicazioni che vorranno commercializzare i relativi servizi in fibra ottica.
“La nostra missione – informa Open Fiber– risponde agli obiettivi previsti dall’Agenda Digitale Europea, dalla Strategia Italiana per la banda ultra larga e dalla Gigabit Society, con le quali – sottolinea ancora – si intende stabilire i livelli minimi di connettività in tutti i paesi europei per cittadini, istituzioni e aziende”.
L’attività ostruzionistica di alcuni amministratori di condominio
Ed eccoli qua, gli amministratori di condominio, stretti ancora una volta dalle proteste dei proprietari che nelle parti comuni rifiutano il sia pur gratuito montaggio dell’ormai nota scatola chiamata ROE (Ripartitore Ottico di Edificio), e bacchettati al tempo stesso dai vertici della società Open Fiber la quale non ha mancato – fino ai giorni scorsi – di manifestare loro il suo disappunto per i ripetuti e frequenti dinieghi all’apertura dei portoni degli stabili.
Una situazione complessa, della quale chi scrive si era già occupato a inizio d’anno, determinata in parte dalla generale disinformazione che ha accompagnato la iniziale “costruzione” della rete FTTH (Fiber To The Home), ma anche dalla mancata “digestione” delle disposizioni legislative con cui – nel bene o nel male – si è da tempo accreditato Open Fiber come esclusivo operatore delegato a modernizzare le connessioni di rete italiane.
Dall’attenta lettura del decreto legislativo n. 259/2003 “codice delle comunicazioni elettroniche”, del decreto legge n. 112/2008 convertito nella legge n. 133/2008 “disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività”, e del decreto legislativo n. 33/2016 “decreto fibra”, si evince infatti con estrema chiarezza come il legislatore – da tempo – abbia “spianato la strada” alla predetta Società, autorizzandola a procedere senza particolari indugi né vincoli di sorta.
Se, come si evince dalle norme in atto, “l’operatore della comunicazione ha facoltà di utilizzare per la posa della fibra nei cavidotti, senza oneri, le infrastrutture civili già esistenti di proprietà a qualsiasi titolo pubblica o comunque in titolarità di concessionari pubblici”, e se “le infrastrutture destinate all’installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria”, non ci si può oggi meravigliare come l’inarrestabile corsa ai servizi digitali coinvolga necessariamente – e in modo capillare – anche i fabbricati e i loro condòmini.
Ed infatti il “decreto fibra” del 2016, a tutela del cittadino e del suo diritto a navigare, stabilisce che “il proprietario od il condòmino non può opporsi all’appoggio di antenne, di sostegni, nonché al passaggio di condutture, fili o qualsiasi altro impianto, nell’immobile di sua proprietà, occorrente per soddisfare le richieste di utenza degli inquilini o dei condomini”.
Il ruolo delle assemblee e i diritti dei condòmini
Stando così le cose, quale effettivo spazio decisionale sulla gestione delle parti comuni hanno le assemblee condominiali e gli amministratori di condominio ?
E come si collocano le attuali resistenze nel quadro del recentissimo decreto “Cura Italia” che all’articolo 82, comma 5, chiarisce inequivocabilmente come “le imprese fornitrici di reti e servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico sono imprese di pubblica utilità e assicurano interventi di potenziamento e manutenzione della rete nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e dei protocolli di sicurezza anti-contagio” ?
Argomenti attuali, urgenti, e per certi versi anche scottanti, non c’è che dire. Il dibattito è dunque aperto, purchè si tenga a mente un principio fondamentale: chi, come e quando è – o sarà – delegato ad offrire e a garantire la giusta e necessaria tutela della proprietà privata, contemperando le reali esigenze di modernizzazione supertecnologica in sintonia con tutti indistintamente i diritti dei condòmini e dei loro amministratori?
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